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Pino Manfreda

Pino Manfreda:

«IL MIO TROFEO PIÙ BELLO L’HO VINTO FUORI DAL CAMPO»

Pino Manfreda, ex calciatore del Lugano, si racconta a tutto campo: il sogno di diventare uno sportivo di primo piano, gli anni di sacrifici e di impegno in vista del traguardo e il profondo senso di vuoto che, giunto al vertice della sua carriera, ancora non gli dava tregua. Fino al giorno in cui ha trovato la risposta al suo disagio interiore.

Giuseppe Manfreda, per gli amici Pino, ha due anni quando nel 1971 la sua famiglia si trasferisce in Ticino dal sud Italia. Fin da bambino Pino ha in testa solo il pallone. Vuole diventare un calciatore professionista: un sogno, una passione, un obiettivo di fronte al quale tutto il resto passa in secondo piano. Trascura la scuola, ma anche i vizi e gli eccessi tipici della adolescenza.

Il sogno diventato realtà

A 17 anni il suo sogno si realizza: viene inserito nella prima squadra  del Lugano, che milita in serie B, e di fronte alla proposta della società Pino non esita un secondo: abbandona l’apprendistato di falegname e si allaccia gli scarpini. «Ero entusiasta di questa opportunità: la mia passione finalmente diventava la mia professione! Da quel momento ho trascorso le mie giornate tra i campi di calcio e gli alberghi; ero sempre in giro, un vero sogno diventato realtà». Il talento del ragazzo e i suoi gol non passano inosservati e, dopo poche stagioni, Pino raggiunge il vertice: viene acquistato dal Sion con cui vince il campionato svizzero nel 1992. «Era una sensazione incredibile – ricorda – venire riconosciuto per la strada e sentire la gente scandire il mio nome sugli spalti! I giornalisti mi cercavano per le interviste e i miei fan facevano di tutto per avere un autografo o una foto con me».

Un vuoto interiore

Eppure anche all’apice del successo c’è qualcosa che non va. «Quando tornavo a casa ed ero solo, mi sentivo vuoto. Capivo che non poteva essere tutto lì. Nel silenzio delle quattro mura domestiche, lontano dai cori degli stadi e dall’entusiasmo degli ammiratori, mi ponevo delle domande e cercavo delle risposte che andassero oltre la quotidianità. Iniziai ad andare da una medium che mi introdusse al lato oscuro della spiritualità, l’occultismo. Quando uscivo dalle sedute mi sentivo bene; eppure, per quanto mi sforzassi di scacciarlo, quel vuoto interiore, tornava sistematicamente ad angosciarmi».

La svolta

La carriera di Pino continua, e di pari passo cresce il suo senso di vuoto. Fino a quando, nel 1993, mentre gioca nel Neuchâtel-Xamax, riceve la visita di un’amica di famiglia. Con lei, una cristiana, Pino si sfoga: le racconta il suo disagio esistenziale e la sua disperazione interiore. E, per la prima volta, sente parlare di Gesù in un modo che non si sarebbe mai aspettato. «Non riuscivo a smettere di ascoltarla – ricorda -, quelle parole erano come una calamita! Poco tempo dopo ho deciso di visitare una chiesa e lì ho sentito un predicatore parlare di un Dio che ama tutte le persone. Ho capito all’istante che quell’amore era la risposta al vuoto che sentivo dentro di me. E a quel punto ho deciso: lo scopo della mia vita sarebbe stato un altro, conoscere quel Dio di amore». Dal quel momento la vita di Pino cambia radicalmente: leggendo la Bibbia cambia il suo modo di pensare, capisce la maniera giusta di porsi davanti a Dio e di fronte agli altri. E fa una scoperta inquietante sul suo passato: un giorno nella Bibbia incrocia un passo dove il profeta Isaia mette in guardia dall’esoterismo (Isaia 8:19-22), e in seguito a questa lettura Pino decide di bruciare tutto il materiale esoterico che aveva comprato negli anni e che ancora teneva a casa. «Quando l’ho fatto ho sentito una liberazione profonda, ho visto letteralmente la mano di Dio che mi stava salvando dall’abisso».

Cambiamenti in vista

Una volta conclusa la sua carriera calcistica, dopo quasi vent’anni trascorsi sui campi di gioco, molte delle certezze su cui Pino conta scompaiono. Come per molti suoi colleghi, gli anni successivi al ritiro sono i più tristi, tra il senso di abbandono del calciatore in congedo e le mille peripezie per ricollocarsi nel mondo del lavoro. Anni che per Pino diventano ancora più pesanti a causa della perdita di tre familiari. Ma tutto questo non l’ha scoraggiato: «Sono convinto – sostiene – che Dio ha permesso tutto questo nella mia vita per rendermi più forte, e anche nei momenti più difficili non mi ha abbandonato ma mi ha dato il coraggio necessario per affrontare le sfide future».

Il coraggio di non mollare mai

Ora l’ex bomber lavora come assicuratore ed è felice. Sa che può contare  sempre sul suo Padre Celeste che lo sostiene nelle difficoltà quotidiane. «Non è sempre facile raggiungere gli obiettivi che ti vengono posti – precisa Pino -, ma anche quando il gioco si fa duro bisogna cercare in Dio la propria pace interiore. Non basta essere cristiani alla domenica, bisogna esserlo tutti i giorni della settimana». Il coraggio è al centro del suo versetto biblico preferito, le parole di incoraggiamento che Dio indirizza a Giosuè: «Sii forte e coraggioso; non ti spaventare e non ti scoraggiare,perché il Signore, il tuo Dio, sarà con te ovunque andrai» (Giosuè 1:9). Un versetto che trasmette coraggio, ma anche serenità: «Da professionista – riflette Pino – mi dovevo rimettere continuamente in gioco per dimostrare di valere ancora, non potevo appoggiarmi su quello che avevo fatto in passato; da quando ho accettato Gesù come mio salvatore ho questa sicurezza: per lui valgo sempre qualsiasi cosa faccio e farò». Una prospettiva che gli permette di affrontare con occhi nuovi le sfide quotidiane della vita.

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